Nel corredo di esperienze e conoscenze di ogni gourmand che si rispetti il Collio friulano rappresenta un punto fermo, in particolare per il consolidato livello qualitativo raggiunto dalla produzione vinicola che esprime al meglio le caratteristiche di queste terre, contraddistinte da elevata mineralità e grande variabilità pedologica ed espositiva.
Ma che cosa si nasconde al di là del confine? Per rispondere a questo interrogativo abbiamo deciso di esplorare il Collio sloveno (il Brda), dove da alcuni anni si registra un vivace susseguirsi di segnali e di iniziative che indicano la presenza di un movimento teso a valorizzare il patrimonio enogastronomico locale e a disegnarne un’identità che, pur poggiando sulla tradizione, sembra aver già assimilato in modo originale i fermenti di innovazione che percorrono il settore, puntando fortemente sulla valorizzazione della tipicità e della qualità dei prodotti e su un’evoluzione che – pur allo stato dell’arte in termini di metodologie e tecniche - non rincorre le tentazioni di un’omologazione al cosiddetto gusto internazionale.
A guidarci in questo percorso, selezionando e contattando preventivamente vitivinicoltori e ristoratori rappresentativi dell’avanguardia slovena in termini di eccellenza, sono stati la competenza e la conoscenza del territorio di Bernardo Princic e Daniela Markovic, nostri numi tutelari nel corso di tutto il tour.
In deroga alla meta primaria ci viene suggerita una prima tappa alla Tenuta Villanova, a Villanova di Farra d’Isonzo, dove ad attenderci troviamo appunto la gentilissima e preparatissima Daniela Markovic.
Il centro aziendale è una corte protetta in cui tutto è organizzato e funzionale, dalla cantina per la lavorazione delle uve (che in un’ora dalla raccolta sono già in lavorazione), a quella di stoccaggio e lavorazione del vino, alla distilleria, allo spaccio aziendale per la vendita. Appena l’occhio si sporge oltre la corte, la visuale si apre su una distesa di vigneti delle più note varietà locali (Tocai, Refosco) e dei vitigni internazionali più richiesti (Merlot, Chardonnay, Sauvignon). La cornice di rose a capo di ogni filare arricchisce di profumi e colori una visuale già di per sé appagante, nonostante si tratti di un ordinato paesaggio artificiale disegnato dall’uomo e non di natura “selvaggia”.
La visita dell’antica cantina vera e propria, notevole per dimensioni e dotazioni , precede la visita di quella che per noi è un’ulteriore scoperta: la distilleria. La tenuta, infatti, vanta la più antica distilleria d’Italia e l’unica ad essere collocata all’interno dell’azienda viti-vinicola (la normativa recente vieta questo tipo di collocazione), attraverso la quale produce, puntando sulla spremitura soffice delle uve bianche che arrivano alla distillazione ancora ricche di succhi nobili, la tradizionale Grappa Val di Rose e diversi distillati d’uva monovitigno. Inutile dire che le caldaie e gli alambicchi distillano storia e tradizione ancor più che grappe e ci affascinano ancor più della illustrazione del processo di distillazione.

Attraverso un giardino di limoni che si presentano incredibilmente rigogliosi a questa latitudine, ci attende nella limonaia la degustazione vera e propria dei vini dell’azienda.
Già deliziati (e siamo solo all’inizio) da questa prima esperienza, ci dirigiamo al Gorizia Palace Hotel, da dove partiranno le nostre escursioni verso la Slovenia e dove avremo modo, sempre per gentile intercessione di Daniela, di prendere visione di una curiosa e interessante mostra, non più allestita, di quadri raffiguranti i vecchi ‘focolari’ friulani: un pezzo di tradizione locale che vale la pena di conoscere, anche se solo per immagini.
Nel tardo pomeriggio inizia il nostro viaggio enogastronomico alla scoperta della Slovenia, a partire dalle Cantine Movia, di proprietà della famiglia Kristancic dal 1820. C on un’estensione di circa 18 ettari fra il Collio e il Brda, la parte slovena del medesimo, esse sono forse l’azienda agricola slovena più rinomata nel mondo. Il titolare (Alex) si trova appunto negli Stati Uniti e siamo ricevuti dalla signora Kristancic che ci introduce su una terrazza che ha una rendita di posizione dal valore inestimabile: l’occhio si spinge lontanissimo per abbracciare un anfiteatro di colli digradanti su terrazze successive che accolgono filari sinuosi e ondulati dalle calde colorazioni autunnali. Il lavoro dell’uomo si è perfettamente integrato con la natura di quei suoli e le nuove generazioni hanno saputo rispettare quel lavoro: vigneti che trasudano rispetto, che sono l’espressione della più nobile interazione tra uomo e natura, che riescono a far esprimere le uve in una maniera alta e particolare, che l’uomo con la sua esperienza porta a sintesi creando vini che sono una vera forma d’arte.
Ma torniamo alla degustazione, che inizia con: il Puro Movia Rosé, spumante da uve Pinot nero in purezza, raccolte tardivamente, che viene sboccato al momento, stappando la bottiglia immergendone il collo all’interno di una bacinella d’acqua. Una scena spettacolare, ma ancora più spettacolare è la sensazione olfattiva e gustativa del prodotto. Suggestione? Non credo. La bottiglia appena aperta è una vendemmia 2002: 8 anni e non dimostrarli! Ci spiegano che il vino base viene lasciato per 4 anni in barrique e poi si procede alla rifermentazione aggiungendo mosto fresco. Le solforose sono bassissime, del resto l’acidità e l’anidride carbonica sono un gran binomio per la conservazione del vino. Il risultato è un insieme di sentori che vanno dal frutto alla crosta di pane e in bocca è un tripudio di struttura e freschezza.
Si passa poi ad un vitigno tipico del Collio, la Ribolla: il vino Rebula, da vendemmia tardiva, ha tutte le caratteristiche di un vino “da degustazione”: si ottiene da fermentazione spontanea, a cui fa seguito un periodo di affinamento in barrique sulle fecce fini, che sono il mezzo migliore e più naturale per proteggere il vino dall’ossidazione e per conferirgli quella morbidezza e quell’avvolgenza che ha coinvolto molti del gruppo.
E che dire del Sauvignon 2007? Tipicità del vitigno, a cui si affianca un terziario derivato dall’affinamento in barrique per circa 18 mesi, molto elegante e ben integrato. Pieno e delicato al gusto.
È poi il momento del Veliko, un mix di uve locali (Ribolla) e vitigni internazionali (Chardonnay, Sauvignon e Pinot grigio) che risultano in pienezza, struttura, morbidezza e freschezza e mineralità insieme.
Si completa il quadro con il Lunar, da uve Ribolla, un vino veramente particolare che esalta la tipicità del vitigno grazie alla particolare modalità di vinificazione: le barrique sono state modificate, allargando il cocchiume e apponendo una chiusura in acciaio, per consentire di mettere nelle botticelle l’uva diraspata a mano. L’uva intera fermenta e macera sulle bucce per circa 8 mesi, poi il vino viene imbottigliato per caduta e viene commercializzato solo dopo 4 mesi di affinamento in bottiglia. Ne deriva un prodotto pieno, grasso, sapido, ma anche fresco, in cui frutta e miele tendono a caratterizzarne l’olfatto.
Austerità, eleganza, pienezza e mineralità tutte insieme dalla terra al vino: questi sono i vini di Movia.
Bernardo Princic ci accompagna con grande competenza negli assaggi e ci invita a tornare in numero ridotto a una degustazione condotta da Alex Kristancic ed è indubbio che ‘non vediamo l’ora’.
A completare la giornata siamo attesi al ristorante Hisa Franko a Caporetto, dove purtroppo non può riceverci personalmente la chef Ana Ros , impegnata in altra manifestazione .
Ana, laureata in Scienze internazionali e diplomazia, arrivata per amore ai fornelli del ristorante di proprietà della famiglia del marito, ci fa degnamente ricevere da tutto il suo staff, e non smentisce la fama che la sta facendo emergere nella realtà gastronomica slovena e non solo: la capacità di mixare le potenzialità dei prodotti locali con sapori e ingredienti esotici, soprattutto orientali.
Tratto caratteristico dello chef è apparsa la grande sensibilità nel giocare con un numero anche elevato di ingredienti, creando piatti in cui, a partire da ottime materie prime, sono dominanti al palato le nuances e i contrappunti sensoriali, con risultati davvero degni di nota.
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Lingua di manzo, purea di sedano rapa e tartufo |
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capasantiiiiiissssima |
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trilogia d'anatra |
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filetto di capriolo con salsa al cioccolato |
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Gelato di barbabietola |
Il giorno seguente puntiamo su Lubiana, per una visita della città che supera decisamente le aspettative di ciascuno di noi. Il mercato all’aperto ci consente di assaggiare delle pizze di pane nero, formaggio e speck; di acquistare olio dell’Istria slovena e di fare una sosta alla Vinoteka Movia che propone le etichette più famose del Collio: Movia, ma anche Istenic e Simcic.
Sulla via del ritorno abbiamo l’ineguagliabile piacere di conoscere Tomas Kavcic, chef del ristorante Prj Loizetu a Castel Zemono in località Vipava. La serata è fredda e, arrivati al castello, una costruzione un po’ diversa da quello che ci si potrebbe aspettare dal termine ‘castello’, troppo presto per cenare ma non invogliati a scendere dal pullman per il vento eccessivo, dopo aver comunque avvertito Tomas (giovane anagraficamente ma ancor più nell’aspetto e di una cordialità direi unica a questi livelli) del nostro arrivo, abbiamo la graditissima ed emozionante sorpresa di vederlo arrivare sul pullman, seguito da un paio di cameriere, con cuori di frico in versione lecca-lecca e bollicine con rispettivi calici. Nulla della serata smentisce le premesse. La sala riservata per noi è di grande fascino così come la mise en place; Kavcic ininterrottamente istrionico; la spiegazione di cibi e bevande, da lui stesso eseguita, è impeccabile e dettagliata; gli ‘effetti speciali’, che spesso sopperiscono a lacune di altro genere, si fondono in questo caso al piacere di una cucina che fa del prodotto locale il protagonista e della semplicità il comprimario, nonostante un’ elaborazione ed uno studio accurato sia della presentazione che della preparazione. Ciò che molti di noi considerano, in sintesi, il futuro prossimo dell’arte culinaria.
La sequenza delle nostre emozioni ha avuto inizio con una tartare di manzetta del Carso, seguita nell’ordine da capesante con lardo e porcini su pietra calda,
branzino su piastra di sale grosso di Pirano e spezie dell’orto, uovo di quaglia al tartufo bianco, goulash di orso e – dopo il break rinfrescante del sorbetto di limone con gelatina di Gin Tonic – dalla struggente sinfonia autunnale del dessert di cachi, castagne e gelato di pera , che da solo costituirebbe un valido pretesto per ritornare in questo luogo ancora e ancora e ancora ... Chapeau ! A completamento della serata abbiamo avuto il privilegio di provare il dessert creato da Tomas per una recente cena ufficiale dei primi ministri dell’Unione Europea, una rinfrescante e originale minestra fredda di frutta e verdura.
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Tartare di manzetta del Carso |
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Capasanta, lardo e porcini su pietra calda |
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Branzino su piastra di sale grosso di Pirano |
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Uovo di quaglia al tartufo bianco |
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Cachi, castagne e gelato di pera.......... |
...........che Aretino ci ha riproposto a casa con un risultato sublime!!!!!!!!!!!!!!!
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Minestra fredda di frutta e verdura |
I vini, tutti ottimi, ma preme sottolineare l’Antonius 2004 della cantina Santomas, un blend di Cabernet 97% e Merlot 3% ottenuti da vigne vista mare nella penisola istriana. Le uve, diradate ad agosto e vendemmiate a fine ottobre, avevano raggiunto un livello di maturazione perfetto visto il risultato nel vino. L’erbaceo del Cabernet è praticamente scomparso per lasciare il posto a frutta molto matura o confettura e a note speziate non eccessive, fini ed eleganti, merito anche dell’uso sapiente dei legni francesi entro cui il vino viene fatto affinare per circa 2 anni. E il legno non irrompe prepotente, è uno strumento non il fine! La pienezza, la morbidezza e la sapidità del vino appagano il gusto e lasciano un ricordo indelebile.
Per finire, ulteriormente gaudenti per un prezzo palesemente di favore che ci è stato accordato, e pronti a lasciare il ristorante, veniamo di nuovo trattenuti per un brindisi finale con Tomas e la sua altrettanto giovane e bella moglie. Indimenticabile.
L’ultimo giorno ha inizio con la visita alle cantine di Marjan Simcic (diversi sono i Simcic titolari di aziende vitivinicole in zona, ma Marjan è certamente il più noto), proprietario di una tenuta, anch’essa di 18 ettari circa, adiacente Movia, che si intreccia a sua volta col Collio goriziano. Ci riceve lui stesso e non lesina il tempo che dedica a mostrarci le cantine, la vista sulle vigne, a soddisfare le nostre curiosità sui metodi di coltivazione e vinificazione adottati. Marjan è uno dei vigneron del Collio che si stanno cimentando in una sfida di non poco conto: ottenere risultati di rilievo dal Pinot nero. Sicuramente il confronto con i Pinot neri della Borgogna viene facile, ma la degustazione che segue la visita in cantina evidenzia risultati di tutto rispetto e Marjan si sente soddisfatto, ma non arrivato e la voglia di confrontarsi e di fare sempre meglio trapela dai suoi racconti. Il Pinot nero che ci propone deriva da una macerazione di circa 15 giorni in acciaio a cui segue un affinamento in barrique di circa 22 mesi; l’imbottigliamento è preceduto solo da una decantazione del vino, che non viene filtrato. L’intensità del colore è quella del Pinot, mai eccessiva, come il “naso” del resto, che è molto fine ed elegante nella sua complessità (prevale una nota di ciliegia ben matura sotto spirito e il legno è perfettamente integrato, così da non avvertirlo, quasi) e pieno e morbido quando arriva in bocca.
Abbiamo modo, poi, di apprezzare il Teodor belo, un blend a base Ribolla (60%) cui si accompagnano Sauvignonasse (20%) e Pinot grigio (20%). La vinificazione delle uve avviene in tini di rovere con macerazione sulle bucce per alcuni giorni e fermentazione spontanea. Segue poi l’affinamento in botti di rovere (3000 l e 500 l , il Pinot in barrique da 225 l ) per circa 22 mesi. I vini vengono assemblati e fatti decantare, ma poi vengono imbottigliati senza chiarifica e senza filtrazione. Il vino si presenta di un bel colore giallo dorato, fruttato e burroso all’olfatto e morbido, sapido e anche fresco in bocca.
Immancabile il Sauvignon, uno dei cavalli di battaglia del Collio, con cui si misurano tutti i produttori locali. Il calcare dei suoli consente di avere profumi inarrivabili e la marna aiuta ad avere strutture invidiabili per dei vini bianchi, senza scordarci che il clima deve essere l’ideale per conservare acidità elevate che il tempo e l’uomo riescono a rendere molto piacevoli. Anche nel caso del Sauvignon abbiamo una macerazione sulle bucce (24-36 ore) prima di passare alla pressatura e alla decantazione del mosto, a cui segue la fermentazione direttamente in botti piccole di Allier.
D’obbligo anche una Ribolla, altro vitigno tipico del Collio, da cui Simcic riesce a tirare fuori l’essenza del vitigno e il meglio dell’ambiente di coltivazione. Un prodotto intenso e caratteristico, molto pieno, ma fresco e minerale nel contempo.
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