giovedì 14 febbraio 2013

E mai prendersi troppo sul serio ...

Credevate davvero di salvarvi dai miei scritti? E' un po' datato ma ad hoc col sito. Purtroppo per voi seguiranno anche quelli che nulla hanno a che vedere.

Flambée
L’ho chiamata di notte perché dovevo dirle della morte. Già sapeva. Aveva provato anche lei quello strappo, lì, sotto lo sterno; poi, incapace di dormire, si era messa a ripulirlo delle viscere e adesso gli strinava  quella riottosa peluria sull’articolazione delle ali. L’avrebbe fatto alla cacciatora, con poche odorose patate olandesi, le bintje, a pasta gialla (davvero non le conosci?trillò) domani, per la cena di suo padre.

Un attimo prima dell’inizio della partita ci sentimmo. Ventilai l'ipotesi che potesse essere l’ultima volta, viste le pene che la squadra mi procurava quell’anno.  Capì.  Anche lei stava facendo quelle stramaledette coupelle di miele e mandorle forse per l’ultima volta, se ancora non le fossero venute come si proponeva.

Mi raggiunse al bar quel mattino, nonostante la nebbia e l’ora improbabile. Dovevo recarmi ogni alba di un intero mese al presidio ospedaliero per quella ignobile terapia. Il suo sorriso si spense ed osservò con empatia subitanea: “Il destino davvero ci accomuna: io pure da molte settimane sono costretta a queste levatacce  quotidiane per rinforzare la pasta madre  (sai … questi lieviti apparentemente così vitali …) ma se voglio il pane caldo a pranzo …”

Andammo insieme all’opera, qualche sera dopo.  Rossini.   Sembrò cercare dentro di sé per tutto il tempo qualcosa che le sfuggiva. Ogni tanto si volgeva a guardarmi, gli occhi stretti in un interrogativo che pareva quasi tormentarla. Scosse la testa quando accennai a porgerle il libretto. “ Non ti piace?”   “Chi?” rispose assente. Una mano battuta violentemente sul bracciolo della poltrona precedette di un attimo un incontenuto ed esultante “Ecco! Alla Taverna di Eraclio! È lì che ho mangiato la gazza!”.

Volle accompagnarmi al treno, gentile e disponibile, come sempre. Parlai delle partenze, di orizzonti impolverati, del senso di castrazione al pensiero di avere un bagaglio improprio, dei rischi che corre chi parte. Anche lei stava rischiando molto: se il treno avesse maturato un ulteriore ritardo, il brodo messo troppo precocemente sul fuoco sarebbe tutt’al più diventato idoneo per una gelatina.  Anche se … da qualche parte … doveva ben avere la ricetta della galantina di cappone …

Quanta gente quel pomeriggio. Per lei molti avevano lasciato il lavoro, alcuni erano addirittura rientrati dalle ferie.  Non aveva davvero millantato tutte le conoscenze di cui parlava.
Un ultimo controllo al forno: la temperatura era quasi ottimale, il timer programmato a 90 minuti. Lei primeggiava,  protagonista assoluta ma affatto nervosa, e col solito tocco di snobistica  eccentricità nel ramo di rosmarino che spuntava dalla tasca pettorale della giacca da chef.

Mi domandai a lungo se non avrebbe preferito che le sue ceneri fossero conservate sulla mensola in cucina, fra il sale iodato e la salsa di scalogno, anziché essere impropriamente inalate da noi, tigliosi e incommestibili mortali, nella ventosa giornata che seguì.

vancuoc

Nessun commento: