domenica 28 dicembre 2014

Quel balsamo di aceto....

Non sono propriamente tempestiva, ma visto che il post precedente era stato gradito, vi allego la seconda puntata delle avventure di Franco Chiarini nell'ambito del progetto iSensi. Questa volta a Monte del Re, il 17 novembre scorso, si è parlato di aceti balsamici, tradizionali e no. 


Considerazioni sugli aceti balsamici a cura del prof. Davide Cassi
L’Aceto balsamico è un prodotto dell’uomo, così apre la giornata il prof. Davide Cassi. Nell’appuntamento precedente si era parlato di prodotti della natura, mentre l’Aceto balsamico è un prodotto dell’uomo e del tempo.
I prodotti presi in esame sono: ABTM, Aceto balsamico tradizionale di Modena DOP, ABM, Aceto balsamico di Modena IGP, e ABTRE, Aceto balsamico tradizionale di Reggio Emilia DOP.
Come si può notare, nessun pregiudizio, nessun preconcetto, perché si tratta di prodotti diversi che potrebbero trovare ciascuno la giusta collocazione in cucina.
L’aceto balsamico viene definito “agrodolce”, perché ha una componente acida e una dolce, come la frutta del resto, ma non penseremmo mai di definirla agrodolce.
L’ABT è una “salsa”, non è un liquido, con un’altissima concentrazione di sapori e aromi.
L’aceto è uno dei condimenti di eccellenza della cucina italiana; già i Romani lo producevano e lo utilizzavano. L’aceto deriva dalla fermentazione aerobica di un prodotto a bassa gradazione alcolica da parte di batteri acetici. La fermentazione alcolica e quella acetica restano distinte tra di loro: la fermentazione alcolica utilizza soprattutto glucosio, come substrato, mentre quella acetica utilizza etanolo e necessita di più aria.
Le condizioni del mezzo e dell’ambiente possono favorire maggiormente o l’una o l’altra fermentazione.
La stagionatura porta ad un aumento della concentrazione del mosto cotto iniziale, ad un suo maggior imbrunimento e all’evoluzione degli aromi.
Il mosto cotto è uno sciroppo, per questo non sembra troppo dolce.
Una soluzione satura di acqua e zucchero è più dolce di uno sciroppo; se voglio aumentare la quantità di zucchero sciolta in acqua devo scaldare la soluzione, ottenendo così lo sciroppo.
Per quanto attiene la sensazione acida, l’acido del limone sembra più intenso di quello dell’aceto, in realtà la percezione è diversa perché le due sostanze colpiscono parti diverse della lingua: l’aceto viene percepito circa a metà della lingua, mentre il limone più verso la punta, lateralmente.


Aceto balsamico tradizionale di Modena DOP
Mario Gambigliani Zoccoli, presidente Consorzio Produttori Antiche Acetaie

L’ABTM, commercialmente parlando, è un prodotto relativamente giovane visto che prima del 1985-86 veniva utilizzato solo per autoconsumo o regalato ad amici e parenti.
Per iniziare, vediamo la definizione di Aceto Balsamico Tradizionale: “L’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena è ottenuto da mosto d’uva cotto, maturato per lenta acetificazione derivata da naturale fermentazione e progressiva concentrazione mediante lunghissimo invecchiamento in serie di vaselli di legni diversi, senza alcuna addizione di sostanza diverse. Di colore bruno scuro carico e lucente, manifesta la propria densità in una corretta e scorrevole sciropposità. Ha profumo caratteristico e complesso, penetrante, di evidente, ma gradevole ed armonica acidità. Di tradizionale ed inimitabile sapore dolce ed agro ben equilibrato, si offre generosamente pieno, sapido con sfumature vellutate, in accordo con i caratteri olfattivi che gli sono propri”.
Tutto sommato la definizione non entra nel dettaglio di note olfattive o gustative specifiche, ma punta tutto sulla complessità e sull’equilibrio che il prodotto deve avere; d’altra parte una materia viva, che accumula mosti di annate diverse e reazioni chimiche e biologiche che si protraggono lungamente non può non essere complesso. Per quanto riguarda l’equilibrio, interviene la perizia dell’uomo, derivata dallo stratificarsi di esperienze di secoli che sono diventate “tradizione”.
La materia prima di partenza è il “mosto d’uva cotto a fuoco diretto a vaso aperto di uve tipiche modenesi”, tra cui si possono citare il Trebbiano di Spagna, il Trebbiano Montanaro, vari Lambrusco (salamino, di Sorbara, grasparossa, ecc.).
Siccome la tradizione si conserva se ogni generazione apporta un minimo di innovazione, la preparazione del mosto cotto viene fatta oggi con gli stessi strumenti del passato, ma realizzati con materiali diversi: ad esempio il paiolo di rame ha spesso lasciato il posto a quello di acciaio; la legna per generare il fuoco è stata sostituita da un bruciatore a gas, mentre un lento mescolatore meccanico ha preso il posto della mano della persona anziana che teneva mescolato il mosto in fase di cottura.
Il mosto viene cotto per diverse ore fino ad ottenere una riduzione circa del 30% per naturale evaporazione di parte dell’acqua contenuta. Poi si passa alla fase di invecchiamento: in 25 anni si perde circa l’80/85% dell’acqua presente.
L’invecchiamento avviene in una serie di botticelle (batterie) di legni diversi e volume decrescente, collocate nei sottotetti delle case, dove i cambiamenti di temperatura partecipano all’evoluzione del prodotto.
Ogni anno, nel periodo invernale, si eseguono prelievi e rabbocchi partendo dal barile più piccolo della batteria che fornisce qualche litro di prodotto pronto per l’uso.



I prelievi devono essere tali che rimanga nella botticella sempre almeno il 50% del suo contenuto.
La normativa vigente ammette la commercializzazione di due tipologie di ABTM:
-        ABTM, con anzianità minima di 12 anni;
-        ABTM Extra Vecchio, con anzianità minima di oltre 25 anni.
Se si vuole ottenere la certificazione del prodotto, occorre rispettare un preciso disciplinare di produzione che regola tutte le fasi della filiera produttiva, dalla coltivazione delle uve fino alla fase di imbottigliamento.
Il produttore non può imbottigliare direttamente in autonomia presso la propria acetaia, ma tutto il prodotto deve essere conferito al Centro d’imbottigliamento presso il Consorzio.
L’Ente di certificazione preleva un campione e sigilla il contenitore e quando si hanno 8 campioni, li rende anonimi, convoca la commissione, costituita da 5 esperti degustatori, ognuno dei quali esegue l’esame dei campioni isolato dagli altri. Se la media dei giudizi espressi dai 5 Esperti raggiunge il punteggio minimo previsto, ABTM viene imbottigliato e sigillato e poi reso al produttore; un campione dei lotti assaggiati viene conservato come matrice.
L’imbottigliamento avviene nella bottiglia disegnata da Giugiaro, in modo che il prodotto sia subito ben identificabile. La bottiglia, è unica ed obbligatoria per legge per tutti i produttori e presenta le seguenti caratteristiche:

-        Capacità 100 ml (1/10 di l).
-        Peso vuota g 255.
-        Peso piena g 385 / 390.
-        Altezza cm 11,5.
Le bottiglie prevedono una capsula differente a seconda dell’età dell’aceto:
1)      Capsula bianca/avorio: aceto con minimo 12 anni di invecchiamento.
2)      Capsula oro: aceto invecchiato oltre 25 anni.
Per quanto attiene l’utilizzo gastronomico, l’Aceto Balsamico Tradizionale va sempre usato a freddo e spesso direttamente in tavola come un condimento, solo in rarissimi casi diventa un ingrediente ed entra in cucina in fase di preparazione del piatto.
L’Aceto Balsamico Tradizionale per la sua armonia si presta anche ad abbinamenti impensabili, come ad esempio una tartare di melone con qualche goccia di ABTM, il gelato, ecc.
Di seguito la scheda di valutazione impiegata dagli esperti degustatori per l’ABTM.



Aceto Balsamico di Modena IGP
Davide Capitani, Consorzio Aceto Balsamico di Modena

L’origine dell’aceto balsamico affonda sicuramente le sue radici nel periodo romano, quando era costume restringere il mosto d’uva per utilizzarlo come dolcificante. Non è irragionevole pensare che alcune partite di saba (o sapa) venissero interessate da fermentazioni acetiche: nel I secolo d.C. Columella  riferisce che la sapa o il defrutum “solet acescere”.
Il primo documento ufficiale che attesta la presenza di un aceto pregiato nell’areale  tra Modena e Reggio è la biografia di Matilde di Canossa (Vita Mathildis, 1112-1115) del monaco benedettino Donizone.  Si legge infatti che nel 1046, Enrico III il Nero, in transito verso Roma per la sua incoronazione a imperatore, chiese a Bonifacio III di Canossa "quell'aceto tanto lodato (...che...) aveva udito farsi colà perfettissimo". 
Fu però durante la dominazione estense che gli aceti raggiunsero fama e raffinatezza. La Corte estense possedeva acetaie sin dal 1289.
Nel 1556 si assiste alla prima classificazione degli aceti (Corte ducale "la Grassa"). Il termine "balsamico" accompagnerà la parola "aceto" per la prima volta solo nel 1747, nel registro delle vendemmie e vendite dei vini per conto delle cantine segrete ducali (archivio di Stato, Modena). 
Nel 1800 questo particolare aceto, tipico delle aree tra Modena e Reggio Emilia, viene conosciuto anche all'estero grazie alle esposizioni universali. 
Il ritrovamento, nel 1993, nella biblioteca americana di Dumbarton Oaks, del manoscritto della Pomona italiana del Gallesio consente di documentare come nel settembre 1839 l'Autore ebbe modo di ammirare le tecniche di produzione dell'aceto seguite nell'acetaia dei conti Salimbeni di Nonantola. 
L'Aceto Balsamico di Modena IGP ha sempre come base di partenza mosto cotto e aceto, ma la differenza fondamentale è il "tempo" di produzione.
L'ABT deve essere invecchiato in botti di legno di rovere, quercia, castagno, gelso, ginepro e altre essenze, per un periodo minimo di 60 giorni. 
Se l'invecchiamento si protrae per almeno tre anni si parla di ABT "invecchiato". 
L'organismo di controllo che sottende la produzione di ABT è il CSQA.
Altra differenza tra DOP e IGP è la localizzazione delle tre fasi di produzione:
1)      Produzione del mosto.
2)      Elaborazione dell’Aceto.
3)      Imbottigliamento.
Nel caso dell’ABTM, queste tre fasi devono essere realizzate tutte nell’area di produzione, mentre nel caso dell’IGP è sufficiente che solo una di queste si realizzi nell’areale modenese.

Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia
Marcello Colli, Consorzio di Tutela dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia

La produzione dell’ABTRE è del tutto simile a quella dell’Tradizionale di Modena, ma viene adottata una classificazione diversa:
1)      Capsula aragosta: aceto di almeno 12 anni con almeno 240 punti alla degustazione.
2)      Capsula Argento: aceto di almeno 12 anni con più di 270 punti alla degustazione.
3)      Capsula oro: aceto con più di 25 anni e più di 300 punti alla degustazione.
Di seguito la scheda utilizzata dagli esperti degustatori per la valutazione dell’ABTRE.



DEGUSTAZIONE
Analisi sensoriale e degustazione sono due termini che spesso sono usati come sinonimi, ma sottendono attività differenti.
L’analisi sensoriale, che viene fatta da tecnici esperti, serve per caratterizzare un prodotto e verificare la corrispondenza del prodotto con le caratteristiche fisiche ed organolettiche previste dalla tradizione e dai disciplinari di produzione.
La degustazione, che viene fatta dal consumatore attento, invece è la valutazione di un prodotto già caratterizzato per verificare la corrispondenza fra il proprio gusto e le caratteristiche del prodotto stesso.
Nel caso dell’Aceto Balsamico siamo di fronte a prodotti sicuramente “tipici”, realizzati secondo tradizione, che hanno già passato positivamente la sessione di analisi sensoriale, di conseguenza verrà realizzata una degustazione.

ABTM
Sono stati presentati due campioni monobarile, molto tipici e caratterizzati con spiccate caratteristiche organolettiche.
I due campioni sono stati messi in degustazione nel tipico matraccio (M1 e M2) utilizzato dagli Esperti Degustatori nelle sessioni di Analisi Sensoriale, in modo da poter valutare anche la densità del prodotto.
M1 è un prodotto di più di 25 anni.
M2 è un aceto di più di 12 anni.
Nella degustazione dell’Aceto Balsamico si parte sempre dal prodotto più vecchio per poi passare a quello più giovane, che essendo meno dolce viene normalmente percepito più acido.
Campione M1
VISTA. Si valutano densità, colore e limpidezza, magari con l’aiuto di una candela. Il prodotto si presenta limpido, piuttosto denso e di un colore bruno-scuro carico con riflessi rossastri.
OLFATTO. L’acidità volatile risulta molto armonica e non disturba affatto; il profumo appare molto complesso, con prevalenti note aromatiche di frutta cotta, quasi di fichi secchi.
GUSTO. Complesso, armonico, molto aromatico, poco dolce con acidità intensa, armonica ed amalgamata.
A differenza di quanto accade per i vini, nelle degustazioni dell’ABT si privilegia l’entità della complessità e non le sue componenti, anche perché in un prodotto così invecchiato è spesso molto difficile individuare singolarmente le componenti principali della complessità gusto-olfattiva.
Si sono comunque fatti dei lavori di ricerca con il prof. Giuseppe Zeppa dell’Università di Agraria di Grugliasco a Torino, per cercare di definire i descrittori principali degli aceti balsamici al fine di poter applicare l'Analisi Descrittiva Quantitativa anche all'ABT, permettendone una migliore caratterizzazione, un monitoraggio ottimale durante l'invecchiamento ed una definizione rigorosa ed oggettiva delle peculiarità. 
Gambigliani Zoccoli ha presentato anche due ABTM già imbottigliati nella bottiglia Giugiaro, per mostrare le differenze con i primi due campioni monobarile degustati nei matracci. I prodotti commercializzati sono la risultanza di blend di numerosi prelievi al fine di ottenere quantità idonee per realizzare lotti di sufficiente entità, oltre che ottenere prodotti più morbidi, equilibrati ed armonici per il mercato.

ABTRE
Sono stati presentati prodotti già imbottigliati. L’aceto più giovane, con Capsula aragosta si presentava molto più fruttato rispetto al prodotto con capsula oro.

Il commento del prof. Cassi
Partendo dal presupposto che siamo di fronte a degli sciroppi e non a dei liquidi, la prima percezione è quella dolce (gli zuccheri veicolano i profumi, tra l’altro) e l’acidità del prodotto viene fuori nel finale, poiché gli acidi sono sciolti nelle molecole di acqua presenti che a loro volta sono intrappolate nello zucchero.
L’acidità dell’aceto non è da imputare all’acido acetico (solo in minima parte), ma all’acido tartarico.
Lo zucchero è soprattutto fruttosio.
Il campione M1 dell’ABTM presenta anche una certa astringenza e l’acidità si sente solo in fondo alla gola: questo prodotto si mangia, non si beve. Per una corretta valutazione il prodotto va considerato in divenire cercando di percepire le sensazioni in ingresso, a metà e in uscita dalla cavità orale.
Un prodotto di questo tipo non è abbinabile a prodotti acidi, mentre sta molto bene con sostanze grasse e/o dolci.
Lo sciroppo si deve sciogliere in bocca per poter godere appieno degli aromi, pertanto al passare del tempo, dopo aver introdotto nella cavità boccale qualche goccia del campione M1, si avverte una evoluzione della percezione: i primi 4-5 secondi l’aceto viene percepito in punta, tra 7 e 10 secondi dopo l’ingestione è la parte centrale della lingua che ci rende informazioni sul prodotto e dopo un 10-15 secondi la percezione e tutta spostata sul fondo della lingua e nella gola.
Un prodotto come M1, molto lungo, può essere abbinato con prodotti che abbiano la stessa lunghezza gustativa e che aromaticamente stiano bene insieme.
Il campione M2 si presenta più acido al naso e più dolce in bocca: la percezione dell’acido acetico, che è più caldo rispetto ad altri acidi, si avverte maggiormente al centro della lingua.
M1 sembra più cotto di M2 e più ricco di aromi.
Andrea Incerti Vezzani, ritiene che l’uso dell’aceto balsamico in cucina possa essere di utilità nel momento in cui serve acidità, una qualità difficile da ritrovare negli ingredienti.
Luca Marchini ritiene che l’aceto balsamico vada usato con discrezione in cucina, solo se serve un condimento, mentre spesso se ne abusa.
Mario Gambigliani Zoccoli, afferma che l’ABTM è duttile, ma è anche permaloso: non è facile usarlo in cucina. Precisa inoltre che l’ABTM è quasi sempre un condimento piuttosto che un ingrediente. Il condimento compare di solito alla fine e quasi sempre direttamente in tavola; l’ingrediente si usa in cucina in fase di preparazione unendolo agli altri ingredienti di una ricetta.
L’ABTM dovrebbe essere utilizzato come il tartufo, a freddo direttamente in tavola. In questo modo ciascun commensale può decidere in autonomia SE usarlo, QUALE usare, e QUANTO usarne.
Come abbinamento gastronomico si suggeriscono piatti non troppo elaborati, “semplici”, che consentano di fare emergere l’ABTM in tutte le sue caratteristiche. Ad esempio si sconsiglia l’abbinamento con piatti troppo ricchi di spezie, sfumati con il vino o con brandy e liquori.
Cassi ribadisce che l’Aceto Balsamico non è un liquido, ma ha una sua struttura, di cui bisogna sempre tener conto.

Degustazione di ABM
Davide Capitani propone due aceti di Modena IGP.
IGP1 è un aceto affinato, che presenta una densità abbastanza simile a quella dei Tradizionali. Si avverte una certa acidità ala naso, che però trascina anche profumi.
IGP2 è un aceto balsamico invecchiato più di tre anni e si presenta più denso e più complesso. Rispetto ai tradizionali è più fruttato (ciliegia sotto spirito) e con note di confettura e melassa. In bocca è piuttosto minerale.
Propone poi un Parmigiano stagionato oltre 30 mesi, in abbinamento con tutti gli aceti assaggiati: incredibile come la percezione complessiva dell’abbinamento cambi a seconda del prodotto impiegato.
Il Parmigiano abbinato all’ABTRE creava un aroma di noce molto intenso che non apparteneva a nessuno dei singoli prodotti assaggiati, perlomeno con tale intensità.
Il prof. Cassi, conferma che l’abbinamento, a volte può creare aromi nuovi.




LA CENA, ovvero i piatti realizzati con le materie prime degustate
Il menù presentava un diagramma di degustazione da compilare a cura dei presenti. Le quattro qualità principali del gusto, acido, amaro, dolce e salato erano accompagnate da 5 quadratini e a seconda della percezione il degustatore doveva esprimere un giudizio: il primo quadratino indicava l’assenza del parametro, il secondo una presenza bassa della qualità, il terzo una intensità media, il quarto medio-elevata e il quinto elevata. I degustatori erano 27.

Crema bruciata di zucca con mezzelune croccanti e aria di Aceto Balsamico di Modena IGP (chef Umberto Cavina)
In abbinamento Le mole 2012 Emilia IGT Malvasia, Az. Agr. Quarticello Montecchio Emilia (RE)

Il piatto si componeva di una crema di zucca (dolce) spolverata di zucchero su cui era stata passata la fiamma viva per creare una crosticina. Sopra l’aria di ABM e le mezzelune di parmigiano molto saporite.
La componente prevalente era sicuramente il dolce, che è stato dichiarato di intensità medio-elevata da 14 degustatori su 27 e di intensità elevata da 7 degustatori.
Per bilanciare il dolce erano state messe le mezzelune di Parmigiano, molto saporite, e la spuma di ABM per dare una leggera vena acida.
La moda statistica dei dati rilevati è la seguente:
acido 2
amaro 1
dolce 4
salato 3
Si può concludere che il piatto si presentava piuttosto equilibrato.

Risotto con crema di Parmigiano-Reggiano e Aceto Balsamico di Modena IGP (chef Luca Marchini)
In abbinamento Ponente 270 annata 2013 Emilia IGT Lambrusco, Podere Cipolla Coviolo (RE)
Parmigiano-Reggiano 26 mesi Az. Malandrone – Pavullo del Frignano (MO)

Il risotto era stato realizzato soprattutto con croste di Parmigiano, per dare un sapore volutamente molto forte al piatto. L’Aceto Balsamico di Modena doveva servire a stemperare il salato del piatto, salato che è stato percepito da molti come piuttosto amaro (8+2/27 degustatori)
Alcuni degustatori hanno provato a mettere ABTM nel risotto, ma l’abbinamento, specie con quello più invecchiato si è rivelato piuttosto deludente. La scelta dell’ABM era voluta, proprio per rinfrescare il piatto con la sua acidità.
La moda statistica dei dati rilevati è la seguente:
acido 2
amaro 4
dolce 2
salato 3

Petto d’anatra al pepe di Szechuan con pere all’anice stellato, tortino di patate e Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP Extra vecchio (chef Emilio Barbieri)
In abbinamento Bordò 2011, Az. agr. Cinque Campi Quattro Castella (RE)
Patate rosse di Montese (MO)

La carne d’oca è notoriamente una carne dolce e l’uso del balsamico era finalizzato a bilanciare il dolce con l’acido.
La dolcezza del piatto è stata percepita da 18 degustatori su 27 su livelli medi o medio-bassi, come pure l’acidità, quindi lo chef è riuscito nell’intento.

La moda statistica dei dati rilevati è la seguente:
acido 2
amaro 2
dolce 3
salato 3





Tarte tatin di zucca, mandorle, zenzero, amaretti e Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia DOP (chef Andrea Incerti Vezzani)
In abbinamento Stradora 2013, Az. Agr. Quarticello Montecchio Emilia (RE)
Zucca Az. Agr. Biologica e biodinamica “La collina” Codemondo (RE)

La zucca è un ingrediente già di per sé molto dolce, quindi bisognava cercare di equilibrare usando altri ingredienti, come amaretti, zenzero e ABTRE.
La moda statistica dei dati rilevati è la seguente:
acido 1
amaro 1
dolce 4
salato 1
Si nota come la componente dolce sia rimasta piuttosto decisa, del resto si trattava di un dessert, ma l’aceto e lo zenzero sono riusciti a dare freschezza alla composizione.











giovedì 11 dicembre 2014

Dedi Baroncelli, detto Eugenio




Incredibile come, ogni volta che parlo con qualche bulimico lettore ravennate, scopra che, pur conoscendo anche personalmente l'amico Dedi, non ne abbia mai letto neanche un libro! Che, voglio dire, se tralasciamo la produzione 'giovanile' di ermetici e inavvicinabili libri sul cinema (Macchine da presa) o di qualche machista libretto sul non-amore (Outfolio), è pur sempre uno dei migliori autori ravennati contemporanei, che vende un numero considerevole di copie, vista la distanza dal 'centro' e da Daria Bignardi; che riceve recensioni positive a più non posso (peccato che solo un Saviano abbia fatto notizia e incrementato le vendite); che è stimato da figure più accademiche come uno degli (ehm...magari di terzo pelo) emergenti di maggior stile.
I libri che vedete nella foto in secondo piano sono la trilogia   (sic! Sellerio non ne può prescindere) uscita dal 2007 al 2010, cui fanno seguito Pagine bianche e, con poche settimane di vita Gli incantevoli scarti. Per non parlare dei nuovi parti in possesso dell'editore.

Il tema conduttore? La fifa bestia che Dedi ha della morte e che si dimostra attraverso un collezionismo esasperato di vite e di morti di personaggi più o meno celebri, a volte anche vicinissimi a lui, oppure immaginari. La trilogia è una raccolta di brevissime biografie, con richiami borgesiani, anche se mi odierà per questo, ma vedremo di sopravvivere:-))), uno stile e un uso della lingua estremamente raffinati e un'ironia sottile che le pervade sempre. Pagine bianche non si discosta molto dai precedenti, mentre Gli incantevoli scarti rappresenta una novità di transito, che lo porterà poi, nei prossimi in uscita, a ragionare finalmente di sé e del proprio decadimento, con risultati insospettabili in tanta assenza di coinvolgimento col reale.

E, a proposito di Assenza, se l'ho postato in questo blog è per regalarvi la foto della torta di cui è stato omaggiato alla presentazione di Pagine bianche a Catania, realizzata con certezza da una pasticceria di Noto, anche se non ci è dato sapere se fosse quella del Corrado A.





I GASTROPELLEGRINI

I gastropellegrini del Postrivoro ci ospitano ancora una volta a Faenza, questa volta con un emergente che arriva dall'Ovest ma che si è felicemente 'sporcato le mani'  al Nord: LEONARDO PEREIRA,

Di origini portoghesi, in procinto di mettersi al comando dello staff del resort  Areias do seixo, dopo varie esperienze in Europa si è formato per ben cinque anni come sous-chef del NOMA, dove, se nessuno si decide a farmi compagnia, io finirò per andare in fase decisamente calante e non crediate che la cosa non vi venga rinfacciata a vita!
Incuriosita soprattutto dal desiderio di un assaggio del mito Redzepi, riesco 'con grande fatica' a convincere Aldo, per il quale il Postrivoro è un'esperienza nuova, e raggiungiamo la brigata domenica a pranzo.


La foto purtroppo non rende merito allo chef trentenne, perché la scarsa luminosità dell'ambiente questa volta non ha giocato a favore,

Ci accoglie un'elegante nuova proposta di mise en place a cura di Andrea Merendi, giocata sui toni del bianco, dell'argento e sul gioco delle luci dei vetri allineati lungo il centro tavola



mentre in alto si stende un ramo addobbato nei toni dell'argento anticato.

La degustazione si apre con un  bicchierino di ricci di mare, porro e yogurt,
in cui un'olio extravergine d'oliva abbondante ed intenso la faceva decisamente
da padrone. Questo, e i successivi sardoncini fritti Fried (not so baby) fish, accompagnati da una troppo fredda e densa salsa verde agliata, e fin troppo consueti in terra di Romagna, rappresentavano palesemente il biglietto da visita portoghese.

A seguire sono cominciati i sapori più interessanti


come questo (avanzo, perché l'esito delle foto mi scoraggiava e me ne ricordavo sempre a degustazione avanzata) ragù di lumachine di mare e topinambur -Sea snail ragout, che non presentava note di esaltante novità gustativa, ma era comunque interessante, anche per l'uso sapiente delle erbe,

o il brodo di porri- Leek in broth 
prima portata a trasmettere (seppur pacate) emozioni e consistente in semicilindretti di porro abbrustoliti alla piastra e avvolti da un brodo di alghe e pancetta affumicata. Davvero bbbbbono.

Poi è stata la volta del clou, cioè della pietanza che credo avesse le contaminazioni NOMA più interessanti e cioè il dentice con nocciole, crema di nocciole, erbe varie e radichette bianche non meglio identificate  Fish, hazelnuts & white leaves, finalmente fotografato intatto:


Sapori di terra, nonostante il pesce, di ferro e di muschio.
Aldo ha lamentato la quasi assenza del gusto del pesce, ma era decisamente un buon piatto.

Seguito, purtroppo, da un' incresciosa (sotto ogni punto di vista) portata di Colombaccio con
pere volpine e salsa al vino rosso. Eseguita perfettamente ma troppo classica per il contesto, cosa che ho ingenuamente (?) fatto notare allo chef, e che potrebbe aver provocato la reazione del ragazzo che
serviva i piatti e della quale avete avuto un'anteprima quasi in diretta, perché eravamo piegati in due dalle risate, ma indovinate chi lo era di più....
Non l'ho immortalato ma è facile immaginarlo (il colombaccio, non il 'cameriere'). Anche qui un misto di erbe molto interessante avvolgeva soprattutto la pera volpina dandole un sapore nuovo. Mi rendo sempre più conto che, se sul mercato ci fosse proposta una scelta maggiore di erbe aromatiche o selvatiche (certo, perché pagarle se qui siamo circondati? perché entrando in ufficio alle otto e uscendone dodici ore dopo, non è sempre facile andar per argini a farne incetta) si potrebbero rendere molto più interessanti anche le pietanze più comuni. In questo caso le erbe provenivano dall'Azienda Agricola Berardi, di Bellaria-Igea Marina, che consiglio vivamente di visitare, in alternativa a Nicola Pizzi di Gattolino.

Ha chiuso il pranzo un gelato con zucca, uva, petali e olio di nasturzio.
Gradevole, non dolce, ma non molto di più.



In sala la degustazione era guidata e accompagnata dal sommelier Andrea Fiorini (Magnolia-Cesenatico) che ha proposto in prima battuta una birra, quindi un'Albana 2002 Paolo Francesconi, stranamente e casualmente invecchiata dodici anni, piuttosto 'irrisolta' (parole di Aldo) e asprigna, ma rivelatasi perfetta in abbinamento al brodo di pancetta affumicata. E' stata poi la volta di un ottima Vitovska 2010 Vodopivec e di un  Montepulciano Arshura 2012 Valter Mattoni.
Poiché in un primo momento lo chef aveva proposto una torta alle carrube come dessert, il sommelier aveva portato un liquore alla carruba in accompagnamento. Che invece ci è 'toccata' su un gelato di zucca.

Ribadisco comunque, come ha già detto Franco nel commento al post precedente, che l'idea è estremamente interessante, che consente di approcciare i saranno famosi della ristorazione, ma che un minimo di risalto in meno alla sezione vini e qualche spiegazione più esauriente sui piatti, non guasterebbero. Tanto più che il giochino di non far sapere al sommelier cosa uscirà dalla cucina, crea ogni volta anche qualche imbarazzante contrasto.  Che viene superato dal clima di scambio cordiale e azzeccato dell'intera iniziativa.

Fiorini sfocato sulla destra





domenica 7 dicembre 2014

Sostiene Pereira

Il giovane maître a Vanna: "Vedo che ha finito il piccione. Complimenti! Di solito le signore anziane ne lasciano sempre un po'." Ecco, solo per questa piccola gemma sarebbe valsa la pena essere stati oggi al Postrivoro a Faenza, dove il former sous-chef di Rezdepi Leonardo Pereira ha offerto un saggio della sua idea di cucina, fra nord-Europa e Lusitania. Bell'iniziativa, bell'atmosfera, tanti giovani. Credo che ritornerò volentieri. Un altro notevole side effect della presenza di tanti giovani è sintetizzato nella domanda che mi sono sentito porre dalla mia vicina di tavolo (ci tengo a precisare che non si trattava di Vanna, ma della bionda commensale seduta alla mia sinistra): "Il prossimo piatto previsto a menù è il colombaccio. Lei sa per caso se si tratta di carne o di pesce?" Sorridendo ho risposto: "Si tratta di un uccello signorina. Le piacerà."

sabato 29 novembre 2014

Prezzi trasparenti

Quante volte vi sarà capitato di recarvi in una trattoria (ma anche in un ristorante) e di sentirvi declamare il menù a voce, oppure di scervellarvi su carte delle pietanze scritte in modo ambiguo o con note a piè di pagina scritte con un corpo analogo a quello delle clausole assicurative (es.: non comprende l'aggiunta di tartufo, secondo quantità, alcuni ingredienti potrebbero variare, ...) e poi di ritrovarvi con delle belle sorprese al momento del conto! La prossima volta che vi accadrà, mostrate all'oste com'è che ci si dovrebbe comportare:

mercoledì 26 novembre 2014

A modo mio...

..anch'io in questi giorni sto celebrando la giornata mondiale per le oche, meglio nota come "Basta foie gras". E' la stessa frase che ho pronunziato sia lunedì che martedì sera quando - dopo aver spazzolato cinque fantastiche portate tutte a base di fegato grasso - ho dovuto chiedere al maitre del mitico ristorante Fausto's di passare al dessert. Saluti da Budapest.
PS: e comunque domenica, avendo dovuto (per cause di forza maggiore...) pranzare alla Subida, avevo pre-celebrato con dei sedanini all'arrosto d'oca.

domenica 16 novembre 2014

Trompe l'huile

Visto che al momento l'editoria nazionale di settore sembra concentrata su argomenti ben più pregnanti (tipo la classifica dei ristoranti sulla prossima guida del Gambero Rosso, i dubbi amletici di Ballarini fra tradizione e innovazione in cucina, il rapporto qualità/prezzo della piola di Crippa ad Alba, ..), la butto lì con nonchalance: siccità in primavera, piogge estive abbondanti, grandine autunnale per chiudere in bellezza; quest'anno l'olio d'oliva sarà poco e di bassissima qualità (la mosca olearia ha colpito alla grande). Quel poco olio che si troverà sul mercato - ammesso che sia veramente italiano, veramente d'oliva e veramente del 2014 - costerà comunque quasi il 50% in più dell'anno scorso. A questo punto per i gourmet de' noantri dovrebbe porsi - in prospettiva 2015 - un interrogativo inquietante: quanto si potranno fidare dell'olio utilizzato nei ristoranti, più o meno stellati, presso i quali si recheranno nel corso dei propri gastro-pellegrinaggi? Saranno in grado di avvertire la presenza di quella nota stonata che gli oli di bassa qualità o - peggio - muscati introducono nelle preparazioni? Porranno al ristoratore pluripremiato scomode domande sulla provenienza dell'olio e - soprattutto i più sfessati - chiederanno di assaggiarlo a parte? Staremo a vedere. Il mio modestissimo consiglio: prendersi un anno sabbatico di rinuncia alla cucina mediterranea. Bentornato burro (come direbbe Maria Schneider, se fosse viva)!

mercoledì 12 novembre 2014

La variante di Varnaburg

Invece del greco ed abusato tzatziki ...
... questa sera mi sparo una mitica snejanka salad, preceduta da un doveroso bicchiere di rakija. Nazdrave!

domenica 9 novembre 2014

I posti del jet-set.......

Ogni tanto ci sono regali che fa' piacere ricevere: un invito da Trussardi alla Scala per un gruppo ristretto di dipendenti senior (oltre il 4to di secolo di servizio !) e' uno di quelli.
 
Appena dopo Kyr Royal da manuale e gin tonic a base di Fever Tree ci siamo recati in sala al primo piano dove distratti - appena appena credetemi - da presenze quali un Vittorio Feltri in veloce passaggio seguito allo stesso tavolo da una Michelle Hutzinger in dolce attesa con consorte/proprietario (il cui arrivo con cagnolino al seguito (?) ha per qualche motivo mandato in confusione la cucina) abbiamo passato una bella serata di cui vi allego il mio resoconto, qualche foto e qualche soggettivissimo giudizio. Locale e' estremamente curato, carta dei vini ricca e non "opprimente".
Al neo Chef Roberto Conti va' un riconoscimento per una bella esperienza immediatamente dopo la conferma della Stella, qualche minore imperfezione non guasta il mio generale giudizio positivo.

Al personale di sala "capitanato" da Matteo Dimitri:
- un grazie per aver presentato tutti i piatti in inglese come cortesia al ns ospite francese - si perdona volentieri la dimenticanza della presentazione proprio nel momento di confusione "indotta", massima comprensione da parte di tutti;
- un grazie alla simpatia e alla squisito modo di fare sia suo che di tutti
- un consiglio a sostituire il bicchiere dopo un piatto con uovo: http://www.iluoghidelvino.it/gli-abbinamenti-di-vino-da-evitare/
- un consiglio a consentire la scelta di un bicchiere pulito all'apertura di una seconda bottiglia dello stesso vino di stessa annata, le sorprese potrebbero essere interessanti.

A me un avvertimento: okkio a rimanere sempre in fascia di prezzo adeguata al locale: il "saten" di fascia bassa (solo per uno stellato credetemi) doveva essere un allarme !!!! 

Le foto del Menu' Degustazione sono in sequenza a partire dall'amouche bouche vs. destra.  

            Battuta

LinguaZuppa


Risotto             Guancia


Predessert Tiramisu




venerdì 7 novembre 2014

In quanto giovin signore...

... ultimamente mi reco spesso a cena dal Parini. In queste occasioni vi penso. Fuggevolmente.



domenica 2 novembre 2014

Oltre i cinque sensi

In una bella giornata di sole d'autunno il solito Chiarini decide di chiamare a raccolta i suoi prodi (leggi me) per una nuova esperienza 'ultra-sensoriale'. Infatti, 'iSensi' la nuova avventura di Cheftochef EmiliaRomagna cuochi, parte dalla degustazione, e quindi dai cinque sensi, ma poi va oltre.
Il 13 ottobre a Monte del Re di Dozza (BO) si è tenuto il primo di quindici incontri (forse) dedicato alla frutta, ed in particolare mele e pere, e al loro uso in cucina.
La giornata si è articolata attraverso una degustazione pomeridiana delle materie prime, guidata dal prof. Davide Cassi, e si è conclusa con una cena a più mani, che prevedeva piatti elaborati a partire dalle medesime materie prime.
Vi illustro di seguito le mie spigolature della giornata.

Introduzione all’analisi sensoriale di mele e pere del prof. Cassi

Il prof. Davide Cassi e il coordinatore dell'evento Federico Orsi
L’analisi sensoriale è una necessità, ma non è scienza.
Un parametro che normalmente non viene preso in considerazione nell’ambito dell’analisi sensoriale è il peso specifico, che invece in cucina è importantissimo.
Il tempo di masticazione è un altro parametro importantissimo in cucina, poiché se si vogliono abbinare due prodotti, questi devono avere tempi di masticazione del tutto simili.
Nella mela la consistenza è la caratteristica più interessante.
Come deve essere presentato un campione? Ad esempio nella degustazione di una mela, la taglio a cubetti, a fettine, lascio la buccia o no? Dal punto di vista gastronomico, il taglio mi cambia la struttura.
Il colore della buccia mi può influenzare, poiché si tende a pensare che un frutto rosso sia più zuccherino di uno giallo.
Il campione in forma di cubetto mi toglie la differenza tra i frutti che devo confrontare e che potrebbero avere dimensioni differenti.
Preme sottolineare la differenza tra duro e croccante. La durezza è data dalla resistenza offerta dal campione alla masticazione, mentre la croccantezza è il rumore che il campione emette a seguito della masticazione, è più un fatto sonoro che meccanico.
La farinosità per alcune popolazioni è un carattere positivo.
La quantità di pectina di un frutto è un elemento da considerare nel momento in cui si usa in cucina: Mela cotogna +++   Mela ++ Pera +
Aromi di bocca. Sono più importanti per l’uso a crudo dei frutti, mentre nella trasformazione perdono di importanza, al contrario della struttura.   
Sapori. Sono dati da molecole che si sciolgono in acqua. Il dolce e l’acido sono le due categorie principali, il binomio che caratterizza la frutta. Dolce e acido si annullano a vicenda.
Il caffè viene servito ad una temperatura di 70°C così che sprigioni tutto il profumo possibile, ma in bocca la percezione aromatica è decisamente più contenuta. Il contrario accade per il vino che scaldandosi in bocca può rendere sensazioni retrolfattive più intense e/o più varie rispetto alla semplice olfazione.
Nella mela abbiamo il sorbitolo che dà una sensazione dolce e l' acido malico che induce un’abbondante salivazione.
Per gli aromi che può usare la classificazione usata in profumeria, note di testa, note del cuore e note di coda, poiché l’espressione aromatica cambia in funzione del tempo di masticazione e di permanenza del campione in bocca.





ANALISI SENSORIALE dei campioni di PERE
1.      ABATE FETEL. È la pera dell’Emilia-Romagna per eccellenza. Calebassiforme, con la buccia giallo-verde con punteggiature rugginose e polpa chiara, fondente.
Polpa molto fine, poco acida, molto caratterizzata. Note di lievito, della pasta del panettone prima di cuocere, alcuni abbozzano note che richiamano lo champagne (in relazione all’ossidazione). Tempo di masticazione molto breve. Acidità ---
2.        ANGELICA. Polpa con dolcezza prevalente e piccole sclereidi che danno una sensazione di sabbiolina finissima. Un po’ più consistente di Abate, ci obbliga a masticare di più. Acidità --- Le note di coda riconducono a vaniglia, sandalo.
3.        MORA DI FAENZA. Presenta sclereidi evidenti e anche una certa astringenza. Più croccante rispetto alle due precedenti. Presenta una struttura quasi gelatinosa. Leggero amarognolo di fondo. Si potrebbe abbinare bene con cibi salati.
4.        SANTA MARIA. Presenta una masticabilità decisamente superiore alle precedenti ed è molto succosa. La sensazione uditiva (grunc, grunc!) ci attesta la sua croccantezza e la forte salivazione la sua acidità. Masticazione +++, Acidità +++
5.        DECANA. Presenta qualche sclereide rispetto a Santa Maria ed è più floreale. La masticazione anche in questo caso è piuttosto prolungata. Masticazione +++
I campioni 4 e 5, degustati a naso chiuso sembrano mele piuttosto che pere, per la loro struttura, tanto che potrebbero essere utilizzare anche per fare uno strudel di pere.
I campioni 1 e 2, hanno un impatto molto dolce.
Per valutare bene la succulenza bisognerebbe degustare campioni dello stesso peso, piuttosto che della medesima dimensione, in questo caso il peso specifico incide.
Su carni grasse come il maiale, si potrebbe usare la Decana, oppure una mela Granny Smith, perché 
l’acidità del frutto mi va ad equilibrare la sensazione grassa.

ANALISI SENSORIALE dei campioni di MELE
1.      DURELLO.
2.      STAYMAN. Più acida, più dura rispetto a Durello, ma poi si frantuma facilmente.  
3.      FUJI. Probabilmente è quella più dolce.
Le tre mele tendono ad esprimere immediatamente una sensazione acida, anche se in Fuji l’acido è mitigato dal dolce.
Le mele riempiono di più la bocca, le loro caratteristiche si percepiscono un po’ su tutta la bocca, mentre le pere, per la maggiore dolcezza tendono ad essere percepite soprattutto sulla parte anteriore della lingua.
All’aumentare degli zuccheri la mela tende a diventare farinosa, ne è un esempio l’Annurca, che diviene dolce dopo la raccolta.

ANALISI SENSORIALE dei campioni di FRUTTI COTTI 
1.      Pera Volpina.
2.      Mela Cotogna. Mantiene molto bene la forma, l’acqua non fuoriesce dal frutto, poiché è molto ricca in pectina che trasforma l’acqua in una sorta di gel.
3.      Mela Campanina.
4.      Mostarda di Mela Campanina az. Le delizie del Polirone (MN). Piuttosto equilibrata.
La mela non si presta alla cottura sottovuoto, mentre è ideale il forno secco o a vapore.


Alcune definizioni del prof. Cassi
PIATTO SLEGATO. Quando, pur usando ottime materie prime, non si riesce ad ottenere l’armonia nel piatto finito.
GRAMMATICA DEI SENSI, DESIGN SENSORIALE, così può essere definita la capacità di legare gli alimenti.


LA CENA, ovvero i piatti realizzati con alcune delle materie prime degustate.
Il menù presentava un diagramma di degustazione da compilare a cura dei presenti. Le quattro qualità principali del gusto, acido, amaro, dolce e salato erano accompagnate da 5 quadratini e a seconda della percezione il degustatore doveva esprimere un giudizio: il primo quadratino indicava l’assenza del parametro, il secondo una presenza bassa della qualità, il terzo una intensità media, il quarto medio-elevata e il quinto elevata. I degustatori erano 22.

Mela Fuji farcita di foie-gras d’oca, salsa al miele aceto uva e mela selvatica, pane brioche (chef Paolo Teverini)
In abbinamento Bubo Bubo, vino da uve Famoso, Bragagni.


L’acidità della mela evidentemente ha giocato un ruolo abbastanza importante nell’economia complessiva del piatto che è stato definito dalla maggior parte dei presenti di acidità media o medio-elevata.
Per chi si aspettava delle note di amaro è rimasto deluso, poiché 10 degustatori hanno dichiarato di non aver percepito amaro e altri 9 lo hanno percepito debolmente. Il dolce ha equilibrato l’acidità, visto che 15 degustatori su 22 hanno percepito una dolcezza media o medio elevata. Il salato era piuttosto discreto, visto che 21 degustatori su 22 hanno barrato i primi 3 quadratini (da medio a non percepibile).
Si può concludere che il piatto presentava un buon equilibrio tra le sensazioni dolci e acide, mentre amaro e salato erano componenti presenti in maniera discreta ed equilibrata.

La caccia si tuffa in un risotto e fa brrr… (chef Igles Corelli)
In abbinamento Lambrusco di Modena spumante DOP metodo classico, Cantina della Volta.



Si trattava di un riso carnaroli Acquerello di 7 anni, con ragù di cacciagione, gelato di pera Mora di Faenza e spuma.
L’acidità del piatto è stata percepita per lo più come molto debole o assente, l’amaro da medio a debole, come pure il dolce. Il salato è stato percepito nella media dalla maggioranza dei commensali.
La cacciagione ha sapori molto forti, quindi l’abbinamento con un gelato di pera Mora di Faenza, aromatico e dolce, ha permesso di riequilibrare l’amaro e il salato.
I risultati denotano un buon equilibrio tra le qualità gustative.

Lombetto di cervo con pera Decana cotta al Sangiovese (chef Umberto Cavina)
In abbinamento Primo segno 2011, Romagna Sangiovese Superiore DOP, Villa Venti.


La scelta della pera Decana rispecchia quanto era emerso in degustazione: la sua struttura poteva consentire anche la cottura.
La sensazione acida, come pure quella dolce sono state percepite come medie o medio-basse dai più. L’amaro è stato percepito come debole o assente e il salato da debole a medio.








Tortino di mele Campanine al profumo di cannella e crema inglese (chef Giovanna Guidetti)
In abbinamento Il Pirolo Malvasia Passito Colli Piacentini DOP, Lusenti



Il tortino non prevedeva una qualche pasta, ma era costituito prevalentemente da mela, di conseguenza le sensazioni amaro e salato non sono state percepite dal maggior numero di degustatori (16 su 21). L’acidità è stata percepita come debole o assente da 13 degustatori e come media da 5, mentre ben 18 degustatori su 21 hanno percepito il dolce con intensità medio-alta o alta.
La cannella è stata usata sapientemente, in modo da non prevaricare la delicatezza aromatica della mela Campanina.



Pere Abate semicandite all’anice con crema caramello (chef Mauro Gualandi)
In abbinamento Il Pirolo Malvasia Passito Colli Piacentini DOP, Lusenti


La percezione dell’amaro è debole per 7 degustatori e media per 4: evidentemente la crema al caramello ha apportato quel quid di amaro che serviva per non rendere stucchevole il piatto. 
La sensazione dolce è ovviamente la prevalente (media per 7 degustatori e medio-alta per 9 su 20 degustatori). Nove degustatori su 20 hanno percepito anche il salato con intensità debole (6) o media (3), resa dal biscotto di fondo.


Foto di gruppo degli chef
                                     

Si ringraziano per la fornitura dei prodotti:
Az. Agr. Cavallini Alberto, Argenta (FE)
Ghetti Daniele, San Pier Laguna di Faenza (RA)
Fruit Modena Group, Sorbara di Bomporto (MO)
Az. Benedetto Bonomi, San Possidonio (MO)
Az. Paolo Franzoni, Quistello (MN)
La Diamantina organizzazione di produttori, Ferrara
CRPV e Astra per le varietà antiche e la mostra pomologica