domenica 12 gennaio 2014

Il capitale umano del Paolino (Virzì)

Personalmente mi sarebbero bastati due film, rappresentativi  di una certa commediaccia all’italiana di sempre, Benvenuti al Sud e Benvenuti al Nord, per avere un quadro esaustivo del luogo comune regionale, quelli, per intenderci, dove il romagnolo è sempre rivierasco ed è sempre una copia di Ferrini,  il milanese è scontato come lo zafferano nel suo risotto e il napoletano apre,  forse, l’ufficio postale alle 10, ma col cuore così in mano che gli condoni questo e altro.

Invece la storia continua.

Personalmente avrei tanto gradito che Virzì continuasse a rassodare ovetti, invece di truccarli da omelette, così avrei saputo cosa andare a non vedere.

Invece ci sono caduta.

Il Capitale umano, che pure mi dovrebbe toccare, perché l’assicurazione ha definito così anche il valore di mia madre  (che, a quanto pare, era un capitale umano e affettivo praticamente nullo, ma per fortuna non lo saprà mai), impasta in una vicenda tutto sommato ben costruita e avvincente, quantomeno per il risvolto giallino del ‘chi sarà stato?’, i  soliti ingredienti  a chilometro mentale zero.  E ‘tte credo che i brianzoli siano insorti, e sia chiaro che non sono qui a difenderli come migliori o peggiori di altri, semplicemente non riesco a inserirli alla lettera B dei miei schemi pregiudiziali, così come non ho i romani alla R. Basta. Senza punto esclamativo, ve lo chiedo con umiltà.

Basta con lo stereotipo caricaturale del padrone della fabrichéta anni ’70, che oggi fa il pescecane della finanza,  basta con la moglie del suddetto che con voce svampita tira tardi dirigendo l’autista a vanvera per la città per colmare la propria noia e fa poi l’amore con quella vita che non ha vissuto; basta col pirla che è sempre e solo pirla senza mai una parvenza di dubbio; basta con il figlio nell’età indecisa fra appartenenza e ribellione; basta col professore-scrittore di teatro che batte tasti nella sua cameretta con zoomata sul poster del Living Theatre  (ok, capisco, non ci sono più menti per il teatro, ma da Beck e la Malina in poi sarà ben successo qualcosa), è fisicamente stitico,  ha l’acconciatura datata, gli occhiali e la giacca del tempo che fu.  Apoteosi dell’insieme è la riunione di macchiette con l’abito che fa beceramente monaco (e non nego con questo che una barzelletta il nostro paese lo sia da diversi anni in qua, ma, appunto, guardiamolo con gli occhi maturi di Sorrentino, per dirne uno) che si convoca per il programma di inaugurazione della rinascita del teatro locale.
Il colpevole, guarda un po’, è ovviamente un SUV nero, lucido e graffitato (non rivelo niente, si sa fin dalle prime scene) senza nemmeno la scusante emotiva di Darth Vader : io sono tuo padre, che almeno una la butta sul fantascientifico e se ne fa una ragione.


Negli ultimi giorni ho visto anche Philomena, un film di Stephen Frears, di blandissima denuncia e con una fiumana di ingenuità ma  ben narrato, che forse diretto da Ken Loach avrebbe colpito nel segno, e vedrò oggi  Still Life, del quale sproloquierò prossimamente. Buona domenica, Passatelli.

1 commento:

sTO Ravennauta ! ha detto...

Ho visto il film ieri sera senza aspettative e con una luna storta di brutto - quindi pronto alla critica feroce e..... devo dire che ancora stamattina non so se mi sia piaciuto o no. Sono uscito anch'io con una sensazione di aver visto una cosa scontata, piena di luoghi comuni - aggiungo la ragazzina piccolo-borghese che si innamora del "maledetto" di turno ed il padre piccolo borghese che si fa' fregare i soldi dal primo frequentatore di pseudo alta-finanza che conosce. Mi sto chiedendo ancora adesso: embe'?