venerdì 24 luglio 2015

Altre inquisizioni

La Puglia mi ha sempre affascinato, per i ricordi che ho del mare e del sole salentino e garganico di quando ero bambino, per il bianco abbagliante di certi trulli, per gli uliveti intervallati dai muri a secco, per le donne pugliesi che considero fra le più belle d'Italia, per le sue masserie dove il tempo pare essersi fermato,...
Mi fermo qui perché so di non aver abbindolato nessuno con queste divagazioni preliminari: in realtà la Puglia mi affascina soprattutto perché ogni volta che ci vado scopro o ritrovo sapori fantastici e piatti che mi convincono sul serio, con un legame fra prodotti del territorio e relativa elaborazione in ricette che - lungi dal condurmi ad apprezzare i vaniloqui accademici sulla tradizione a tutti i costi o i deliranti e lugubri talebani del kilometro zero - mi porta a collocarla in vetta, insieme al Piemonte, alla mia personale classifica delle regioni gourmand d'Italia.

Ecco perché, trovandomi a Brindisi per lavoro, con una "dolce violenza" martedì sera ho "convinto" i miei colleghi a noleggiare un'auto all'unico scopo di recarci insieme a Ceglie Messapica, al ristorante Cibus, che propone e valorizza prodotti e ricette della tradizione locale da tempi decisamente antecedenti la nascita di Slow Food e dei suoi cloni, sotto l'egida di Lillino, "autentico gentiluomo del Sud" (la definizione non è mia, ma l'autore mi perdonerà).


Esito dell'esperienza? Molto, molto soddisfacente, con l'apice del vitello podolico cotto "al fornello"; una carne così buona e dalla frollatura (45 giorni) perfetta, cotta all'interno di un vecchio forno, lambita dal fuoco di carboni vegetali selezionati, sapientemente salata, credo di non averla mai mangiata prima; forse solo una volta in Argentina (in una hacienda in Patagonia) ho sperimentato qualcosa di simile.



Interessante la Sagna Penta, risultato di una destrutturazione della tradizionale lasagna della Pentecoste, in cui la carne era sostituita – per motivi religiosi – da mollica di pane fritta con aglio e sugna.
Eccellenti anche il gelato di fichi maritati, gli antipasti (burratina in primis) e la purea di fave con cicorie e friggitelli. Decisamente di rilievo anche la pecora gentile stufata che hanno preso i colleghi. Eccellente liquorino finale a base di foglie e fiori di limone, ottimo caffè. Che altro? Rosato Veritas da uve bombino nero molto godibile, bevuto a tutto pasto. Gentilissimo Lillino, che mi ha permesso anche di entrare in cucina a curiosare.

Conto molto contenuto.
Esperienza da ripetere, alla prima occasione.

Un caro saluto dal vostro corrispondente di guerra.
AS

Sarmeola di Rubàno: qualche dettaglio in più

A vostro beneficio cito in ordine “gerarchico” (dal grado sommo a scendere) i momenti apicali della serata:

- Ravioli a colori: sensazionali ravioli di patate (senza farina) in un brodo di barbabietola affumicata, finocchio ed altro; piatto pazzesco, ahivoi non descrivibile.

- Risotto con zafferano, polvere di liquirizia, incenso e ginepro: una rincorsa di stimoli sensoriali, in cui la liquirizia fa da staffetta allo zafferano, l’incenso ti arriva dopo un po’ per via dapprima retronasale e poi diretta, amplificando le sensazioni, ma in modo discreto; il ginepro conferisce un ulteriore elemento di sottile nerbo al piatto. Lo metto fra i primi 3 risotti della mia vita (indovinate di chi sono gli altri due?); preparazione che implica una tecnica monstre e dove un microgrammo in più o in meno di ciascun ingrediente farebbe letteralmente sballare il risultato finale.

- Scarpetta verde nell’orto: un piatto apparentemente semplice, totalmente centrato sulle verdure (materie prime fantastiche) e sulla concentrazione dei rispettivi sapori (commovente quella del pomodoro), in cui una purea di fave quintessenziale dà la tonica al tutto (Alajmo mi si è seduto accanto dopo che avevo finito di mangiarla e ha confermato: per lui le fave sono la linea di basso del piatto, in una chiave di lettura musicale).

- Linguine integralmente integrali (di B. Cavalieri), pistacchi e capperi; mai sperimentato (o forse sì, da Niko Romito) un utilizzo dei capperi così lucido; ma è tutto il piatto che convince, con il pistacchio che conferisce una nota appena grassa e dolce e le linguine a recitare la parte del primo attore.

 

Il resto tutto di eccellente livello, ma non altrettanto indimenticabile. C'è anche da dire che mi sono lasciato prendere la mano al momento dell'ordinazione e sono arrivato a fine cena piuttosto affaticato..

 

Da menzionare anche il low profile dei due fratelli e la loro inattesa attenzione nei miei confronti a fine serata (mezz'ora a chiacchierare con tutti e due di cucina, chef, ristoranti, materie prime,... a locale pieno!).
 

Non è un caso che Parini si sia formato in questo locale. A buon intenditor...
 
 
Dimenticavo: praticamente il vino non l'ho pagato (a fronte del prezzo in carta ho trovato sul conto una cifra che equivale a poco più del prezzo al produttore) e nemmeno i due piatti in più che avevo fatto aggiungere al menù degustazione.
 
Il vostro corrispondente dal fronte.
AS

sabato 18 luglio 2015

L'HO FATTO SOPRATTUTTO PER VOI

Il degustazione di stagione era un po' striminzito così ho creduto bene di chiedere qualche integrazione..

Vi ho pensato intensamente, mentre uscivo  :-)



Vino: Malvasia Istriana - Dario Raccaro - 2012