La Puglia mi ha sempre affascinato, per i ricordi che ho del mare e del sole salentino e garganico di quando ero bambino, per il bianco abbagliante di certi trulli, per gli uliveti intervallati dai muri a secco, per le donne pugliesi che considero fra le più belle d'Italia, per le sue masserie dove il tempo pare essersi fermato,...
Mi fermo qui perché so di non aver abbindolato nessuno con queste divagazioni preliminari: in realtà la Puglia mi affascina soprattutto perché ogni volta che ci vado scopro o ritrovo sapori fantastici e piatti che mi convincono sul serio, con un legame fra prodotti del territorio e relativa elaborazione in ricette che - lungi dal condurmi ad apprezzare i vaniloqui accademici sulla tradizione a tutti i costi o i deliranti e lugubri talebani del kilometro zero - mi porta a collocarla in vetta, insieme al Piemonte, alla mia personale classifica delle regioni gourmand d'Italia.
Ecco perché, trovandomi a Brindisi per lavoro, con una "dolce violenza" martedì sera ho "convinto" i miei colleghi a noleggiare un'auto all'unico scopo di recarci insieme a Ceglie Messapica, al ristorante Cibus, che propone e valorizza prodotti e ricette della tradizione locale da tempi decisamente antecedenti la nascita di Slow Food e dei suoi cloni, sotto l'egida di Lillino, "autentico gentiluomo del Sud" (la definizione non è mia, ma l'autore mi perdonerà).
Esito dell'esperienza? Molto, molto soddisfacente, con l'apice del vitello podolico cotto "al fornello"; una carne così buona e dalla frollatura (45 giorni) perfetta, cotta all'interno di un vecchio forno, lambita dal fuoco di carboni vegetali selezionati, sapientemente salata, credo di non averla mai mangiata prima; forse solo una volta in Argentina (in una hacienda in Patagonia) ho sperimentato qualcosa di simile.
Interessante la Sagna Penta, risultato di una destrutturazione della
tradizionale lasagna della Pentecoste, in cui la carne era sostituita – per
motivi religiosi – da mollica di pane fritta con aglio e sugna.
Eccellenti anche il
gelato di fichi maritati, gli antipasti (burratina in primis) e la purea di fave
con cicorie e friggitelli. Decisamente di rilievo anche la pecora gentile stufata che hanno
preso i colleghi. Eccellente liquorino finale a base di foglie e fiori di
limone, ottimo caffè. Che altro? Rosato Veritas da uve bombino nero molto
godibile, bevuto a tutto pasto. Gentilissimo Lillino, che mi ha permesso anche
di entrare in cucina a curiosare.
Conto molto contenuto.
Esperienza da ripetere, alla prima occasione.
Un caro saluto dal vostro corrispondente di guerra.
AS
venerdì 24 luglio 2015
Sarmeola di Rubàno: qualche dettaglio in più
A vostro beneficio cito in ordine “gerarchico” (dal grado sommo a scendere) i momenti
apicali della serata:
- Ravioli a colori: sensazionali ravioli di patate (senza farina)
in un brodo di barbabietola affumicata, finocchio ed altro; piatto pazzesco,
ahivoi non descrivibile.
- Risotto con zafferano, polvere di liquirizia, incenso e ginepro:
una rincorsa di stimoli sensoriali, in cui la liquirizia fa da staffetta allo
zafferano, l’incenso ti arriva dopo un po’ per via dapprima retronasale e poi
diretta, amplificando le sensazioni, ma in modo discreto; il ginepro conferisce
un ulteriore elemento di sottile nerbo al piatto. Lo metto fra i primi 3 risotti della
mia vita (indovinate di chi sono gli altri due?); preparazione che implica una
tecnica monstre e dove un microgrammo in più o in meno di ciascun ingrediente
farebbe letteralmente sballare il risultato finale.
- Scarpetta verde nell’orto: un piatto apparentemente semplice,
totalmente centrato sulle verdure (materie prime fantastiche) e sulla
concentrazione dei rispettivi sapori (commovente quella del pomodoro), in cui
una purea di fave quintessenziale dà la tonica al tutto (Alajmo mi si è seduto
accanto dopo che avevo finito di mangiarla e ha confermato: per lui le fave sono
la linea di basso del piatto, in una chiave di lettura musicale).
- Linguine integralmente integrali (di B. Cavalieri), pistacchi e
capperi; mai sperimentato (o forse sì, da Niko Romito) un utilizzo dei capperi
così lucido; ma è tutto il piatto che convince, con il pistacchio che conferisce
una nota appena grassa e dolce e le linguine a recitare la parte del primo
attore.
Il resto tutto di eccellente livello, ma non altrettanto
indimenticabile. C'è anche da dire che mi sono lasciato prendere la mano al momento dell'ordinazione e sono arrivato a fine cena piuttosto affaticato..
Da menzionare anche il low profile dei due fratelli e la loro inattesa attenzione
nei miei confronti a fine serata (mezz'ora a chiacchierare con tutti e due di cucina, chef, ristoranti, materie prime,... a locale pieno!).
Non è un caso che Parini si sia formato in questo locale.
A buon intenditor...
Dimenticavo: praticamente il vino non l'ho pagato (a fronte del prezzo in carta ho trovato sul conto una cifra che equivale a poco più del prezzo al produttore) e nemmeno i due piatti in più che avevo fatto aggiungere al menù degustazione.
Il vostro corrispondente dal fronte.
AS
sabato 18 luglio 2015
L'HO FATTO SOPRATTUTTO PER VOI
Il degustazione di stagione era un po' striminzito così ho creduto bene di chiedere qualche integrazione..
Vi ho pensato intensamente, mentre uscivo :-)
Vino: Malvasia Istriana - Dario Raccaro - 2012
Vi ho pensato intensamente, mentre uscivo :-)
Vino: Malvasia Istriana - Dario Raccaro - 2012
lunedì 16 marzo 2015
RUSSY RIOT
In fondo, non nascondiamocelo, sapevamo tutti che sarebbe stata solo una questione di tempo.
La determinazione nel non fare un mistero della sua inquietante diversità, perseguendo con l'ostinazione di un mulo un percorso realmente eversivo, al di fuori delle tendenze e dell'imperante gastronomically correct, prima o poi avrebbe inevitabilmente dato i suoi frutti.
E così è stato: il diamante grezzo ha infine trovato a Russi la sua consacrazione (ndr: non si tratta dell'omicida ricercato sulla via Emilia).
Nel contesto di una manifestazione che meriterebbe di essere inserita di diritto in una delle più celebrate raccolte di racconti del mai abbastanza rimpianto maestro argentino J. L. Borges, il nostro ha brillantemente affrontato il tema dell'evento, ovverosia la creazione di un piatto in grado di valorizzare come si conviene un pregiato salume cotto di provenienza regionale.
Nel caso in questione il russiano bél e còt.
Sapientemente stimolato dalle incalzanti domande rivoltegli dal conduttore dello show cooking - Carlo Cattani, già direttore dell'Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo - Nik ha orgogliosamente rivendicato la filosofia che sottende tutte le sue creazioni: nessuna concessione all'ammiccante moda del kilometro zero, nessuno spazio ai prodotti riconducibili ai nefasti circuiti dell'equo e del solidale, nessuna nostalgia di quell'arcadia culinaria che tuttora ottenebra plurime menti di rango accademico. Tutta la sua attenzione è rivolta al risultato.
E il risultato è un piatto complesso, in cui il sapido e l'untuoso del salume trovano un bilanciamento perfetto grazie al dolce-acido dei binomi zucca-zenzero e saba-aceto e all'amaro del cavolo nero.
Ma è solo grazie al suo dioscuro e sodale, l'eversore par excellence Silvano,
che Nik ha risolto definitivamente l'equazione della consistenza, completando il piatto con la componente croccante, una speciale piadina dallo spessore del pane carasau, che conserva tuttavia la verace sapidità romagnola.
Il tutto con un filo di gas...
Giudizio finale e inappellabile per il nostro avvocato a tempo perso: assolto per aver commesso il fatto.
La determinazione nel non fare un mistero della sua inquietante diversità, perseguendo con l'ostinazione di un mulo un percorso realmente eversivo, al di fuori delle tendenze e dell'imperante gastronomically correct, prima o poi avrebbe inevitabilmente dato i suoi frutti.
E così è stato: il diamante grezzo ha infine trovato a Russi la sua consacrazione (ndr: non si tratta dell'omicida ricercato sulla via Emilia).
Nel contesto di una manifestazione che meriterebbe di essere inserita di diritto in una delle più celebrate raccolte di racconti del mai abbastanza rimpianto maestro argentino J. L. Borges, il nostro ha brillantemente affrontato il tema dell'evento, ovverosia la creazione di un piatto in grado di valorizzare come si conviene un pregiato salume cotto di provenienza regionale.
Nel caso in questione il russiano bél e còt.
Sapientemente stimolato dalle incalzanti domande rivoltegli dal conduttore dello show cooking - Carlo Cattani, già direttore dell'Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo - Nik ha orgogliosamente rivendicato la filosofia che sottende tutte le sue creazioni: nessuna concessione all'ammiccante moda del kilometro zero, nessuno spazio ai prodotti riconducibili ai nefasti circuiti dell'equo e del solidale, nessuna nostalgia di quell'arcadia culinaria che tuttora ottenebra plurime menti di rango accademico. Tutta la sua attenzione è rivolta al risultato.
E il risultato è un piatto complesso, in cui il sapido e l'untuoso del salume trovano un bilanciamento perfetto grazie al dolce-acido dei binomi zucca-zenzero e saba-aceto e all'amaro del cavolo nero.
Ma è solo grazie al suo dioscuro e sodale, l'eversore par excellence Silvano,
che Nik ha risolto definitivamente l'equazione della consistenza, completando il piatto con la componente croccante, una speciale piadina dallo spessore del pane carasau, che conserva tuttavia la verace sapidità romagnola.
Il tutto con un filo di gas...
Giudizio finale e inappellabile per il nostro avvocato a tempo perso: assolto per aver commesso il fatto.
giovedì 26 febbraio 2015
Il dovere ci chiama
Segnalo a tutti gli appassionati uno degli emergenti più interessanti del momento, lo chef Riccardo Camanini, che ha aperto lo scorso anno a Gardone Riviera il ristorante Lido84.
Sia Vizzari che Passione Gourmet ne dicono un gran bene.
Se le signore anziane la smettessero una buona volta di lavorare e basta potremmo organizzarci per una "mission possible" fra marzo e aprile.
Sia Vizzari che Passione Gourmet ne dicono un gran bene.
Se le signore anziane la smettessero una buona volta di lavorare e basta potremmo organizzarci per una "mission possible" fra marzo e aprile.
mercoledì 28 gennaio 2015
Lampredotto for president
Macchè Amato, macchè Finocchiaro, macchè Prodi o Casini!
L'unico nome commestibile è lui, il signor Lampredotto, l'unico rigorosamente bipartisan (equidistante sia a destra che a sinistra dalle due metà del semel), l'unico veramente ambientalista (de rigueur in salsa verde), l'unico a garantire che fra le sue pieghe non si celi alcuna spiacevole sorpresa, rassicurante ed economico, caldo al punto giusto.
Da Nerbone al mercato di San Lorenzo, per non sbagliare.
Volendo ammazzare il tempo fra un lampredotto e l'altro si può sempre fare una capatina agli Uffizi, che in gennaio - durante la settimana - son praticamente deserti.
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